
Amici, oggi vi racconto una storia che ieri mi ha svoltato la giornata.
Un vecchio cieco suonava ogni giorno il sassofono in una stazione della metropolitana.
“Signore. Signore, prenda questi soldi. Ne vuole altri?” disse Carlo al vecchio sassofonista alla stazione della metro.
Carlo stava andando al lavoro, ma i toni teneri dello strumento lo fecero fermare e lo attirarono verso l’uomo che suonava.
Vide che la gente lasciava al vecchio delle mance nella custodia del sassofono, ma Carlo volle dargli 20 euro direttamente sulla mano, chiedendogli perché mai stesse lavorando alla sua età.
“Mi dispiace, signore. Sono cieco. Non so quanto siano questi soldi”, rispose l’uomo. “Ma grazie. Qualsiasi cifra sarà utile”.
“Sono Carlo, signore. Piacere di conoscerla. Posso chiederle perché è qui a suonare e a raccogliere mance?”.
“Anche per me è un piacere, signore. Mi chiamo Maurizio e suono qui perché mia moglie deve essere operata. Siamo entrambi pensionati e le nostre pensioni non sono granché. Lei ha un disperato bisogno dell’intervento, quindi spero che la gente apprezzi ancora abbastanza la musica da aiutarci”.
Il cuore di Carlo ebbe un sussulto. La storia di quell’uomo risuonava dentro di lui.
“Maurizio: faresti una breve pausa per prendere un caffè con me?”, chiese, e il cieco rimase sorpreso ma accettò.
“Una bella pausa caffè è sempre gradita”, rispose sorridendo. Sistemò velocemente il suo sassofono.
Carlo gli offrì il braccio ed entrambi uscirono dalla stazione della metropolitana verso la vicina caffetteria. Ordinarono un espresso e parlarono.
Nonostante avesse sempre a che fare con persone brillanti al lavoro, Carlo era affascinato dalla storia della vita del cieco: quanto avesse lavorato duramente per tutta la vita, anche con la cecità, il suo amore per il sassofono e la musica jazz e, soprattutto, l’amore per la moglie.
Così Carlo, uomo d’affari, raccontò al cieco la sua storia.
Una volta era sposato con la ragazza più bella del mondo. Lei era la luce della sua vita, la madre dei suoi figli e, sarà banale, la sua ragione di vita.
Ma morì in un incidente d’auto mentre Carlo era fuori per lavoro.
Rimase in sala operatoria per ore ma lui era ancora troppo lontano. Quando tornò a casa ed entrò in ospedale lei se n’era andata da un po’. Non si è mai perdonato per la sua assenza. Forse sarebbe ancora viva se non fosse partito.
“Non si può pensare ai “se” della vita. Non è mai produttivo. Io e mia moglie, con la mia cecità, abbiamo pensato che non avere figli sarebbe stato meglio. E ci siamo sempre chiesti: e se avessimo avuto dei figli? Forse sarebbero stati in grado di aiutarci. Ma è un “se” che non realizzeremo mai. Quindi ora devo impegnarmi e lavorare per mantenere in vita mia moglie”, disse Maurizio, saggio e calmo.
Carlo ascoltò con attenzione e poi pagò il caffè. Maurizio salutò e si avviò da solo verso la stazione. “Buona fortuna”, gli disse Carlo.
“Anche a te”, sorrise Maurizio.
Carlo andò al lavoro ammirando l’atteggiamento ottimistico dell’anziano e il modo in cui aveva affrontato la vita con la sua disabilità e il fatto che stesse ancora facendo del suo meglio.
Si era tormentato per molti anni per la morte della moglie. Il suo successo non aveva importanza perché lei non c’era più, e questo aveva rovinato anche il rapporto con i figli. Ma era giunto il momento di voltare pagina e di cambiare. E sapeva esattamente da dove cominciare.
Il tono dolce del sassofono accolse Carlo il giorno dopo, mentre scendeva le scale della metropolitana, e sapeva che Maurizio sarebbe stato lì.
In qualche modo, il cieco percepì la sua presenza e, quando la canzone finì, gli rivolse la parola. “Ciao, Carlo. È bello che tu sia passato di nuovo”, disse dolcemente.
“Tieni”, disse Carlo, sentendosi più eccitato che mai e dando al cieco una busta. “Non hai più bisogno di suonare. Almeno, non per soldi”.
“Che cos’è?”
“Sono soldi sufficienti per coprire l’operazione di tua moglie. Non voglio che tu la perda per una cosa stupida come il denaro”, spiegò Carlo, con la voce un po’ troppo impaziente.
“Sei sicuro?” Maurizio non poteva contare i soldi, ma sentiva che Carlo gli stava offrendo una cifra folle.
“Al 100%. Mi hai detto che non potevamo soffermarci sui “se” della vita, e io lo farò. Riparerò il rapporto con i miei figli e cercherò di smettere di incolparmi per la morte di mia moglie. Ma questo, questo è il modo in cui inizio. Aiutandoti a salvare tua moglie”, spiegò ancora Carlo, sudando, perché era sincero ma sapeva che tutto ciò non sarebbe stato facile.
“Grazie”, disse Maurizio, con gli occhi che gli lacrimavano mentre stringeva la busta al petto. “Che ne dici di una canzone? Qualche richiesta?”.
Carlo sorrise, respirò profondamente e chiese la preferita di sua moglie. “Che ne dici di una canzone di Etta James?”.
“Certo”, annuì Maurizio e suonò “At Last”.
Carlo fu travolto dai ricordi più belli di sua moglie, di quando ballavano da giovani e si innamoravano. Non l’avrebbe mai dimenticata, ma era ora di concentrarsi sul futuro.
Un futuro che comprendeva anche la moglie di Maurizio, il cui intervento riuscì e li portò a vivere insieme per molti anni ancora.
AMICI, COSA POSSIAMO IMPARARE DA QUESTA STORIA?
Sono un tenerone, lo so, ma io ne traggo queste lezioni:
• Non si può perdere tempo a rimproverarsi per il passato. Il passato è passato, fine.
• Fare qualcosa di gentile verso gli altri può davvero cambiare la vita. La gentilezza è sottovalutata, la gentilezza rende la nostra vita migliore.
• Non perdiamo di vista il vero senso della musica: unire le persone, essere quel filo invisibile che ci lega anche a chi è diverso o lontano da noi.