La scelta che ogni musicista fallito deve fare

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Mi sono ricordato di una conversazione molto intensa che ebbi con una persona a me cara: si parlava di iniziare un progetto, di avviare un’impresa.

Ebbi la malaugurata idea di uscirmene con questa frase:

“Vabbè se poi falliamo tentiamo un’altra strada.”

Non l’avessi mai detto.

Il mio interlocutore si fece rosso in viso e sbraitò:

“Che cosa???? Non esiste il fallimento, fallire è morire!”

Fallire è morire…

…questa fu la frase che mi convinse a non combinare niente con questa persona.

Ci vogliamo bene, ma rischiare insieme proprio no: perché se non sai fallire hai già fallito in partenza.

Cos’è il fallimento

Credimi, fattelo dire da un artista orgoglioso d’aver fallito: il fallimento non è quello che credi.

Il fallimento non è quando partecipi ad un concorso e perdi.

Il fallimento non è quando vieni bocciato ad un esame.

Il fallimento non è quando fallisce la tua azienda, e pensa un po’, non è nemmeno quando non riesci a diventare l’astronauta o il musicista che sognavi da bambino.

Il fallimento è quando hai finito le idee e non sai più che cazzo fare.

È più simile a quando sei in una casa non tua e di colpo va’ via la luce: brancoli nel buio, non hai la minima idea di dove sei e di cosa fare.

Ecco a cosa assomiglia il fallimento.

Come gestire il fallimento

Tutti hanno sperimentato almeno una volta nella vita la sensazione che ho descritto sopra e se non ti è mai successo due sono le cose:

A) Hai avuto un mazzo incredibile nella vita;
B) Non hai osato abbastanza nella vita.

Dettò ciò, come si affronta il fallimento?

Solitamente i motivi per cui si fallisce sono 3:

  1. Non sei la persona giusta per il ruolo a cui ambisci;
  2. Sei la persona giusta ma non ti stai impegnando abbastanza;
  3. Sei la persona giusta, ti stai impegnando abbastanza ma non è il tuo naseeb.

What?

“Naseeb” è una parola araba: significa fato o destino.

Ora ci arriviamo.

La maggior parte dei consigli sul fallimento si concentrano sul secondo motivo.

QUando non ti stai impegnando abbastanza

Edison ha fallito 1000 volte prima di “inventare” la lampadina.

E quindi tutti, quando qualcosa va storto, tendono a consigliarti di tentare ancora, di fare un altro passo, “Dai dai dai!”.

Sono tutti Renè Ferretti.

È vero, è la pratica continua e assidua che porta al perfezionamento e può avvicinarti al risultato.

Pensa, ad esempio, a quando hai fatto il casting di X Factor e ti sei beccato 3 no: cos’è che ti hanno detto, all’uscita dal palcoscenico?

“Non smettere di inseguire il tuo sogno.”

“Questo è solo l’inizio, continua e vedrai che ce la farai.”

Ci sta eh, sono cose belle e importanti da dirsi e da sentirsi dire.

Tuttavia non riesco a non pensare che esiste una perseveranza giusta ed una sbagliata.

La pratica rende perfetti, ma la pratica sbagliata porta solo a risultati sbagliati.

Quand’è che perseverare è sbagliato?

Ne sono convinto: perseverare è sbagliato quando non è naturale.

Quando ti forzi, ti fai violenza perseguendo un’idea di successo che no, amico o amica mia, non ti calza a pennello.

Il successo è l’unico vestito che se indossi la taglia sbagliata TI strappa.

Non si strappa il vestito, ti strappi tu.

Quando perdi il piacere di perseverare c’è qualcosa che non va.

QUando ho capito di avere fallito

Ad un certo punto, nel mio perseverare a voler essere una popstar a tutti i costi (ci ho scritto una bella canzone dal titolo “Da quando ho smesso”) mi sono accorto che non era per me.

Che non mi era naturale partecipare all’ennesimo casting televisivo (il fondo lo toccai con i casting di Operazione Trionfo, cribbio che cringe).

E iniziai ad accettare di non essere fatto per un certo mondo musicale, quello che si lucida i lustrini davanti a una telecamera.

Iniziai ad accettare di non saper scrivere una HIT e che non avrei forse mai raggiunto il successo dei miei idoli.

Quando inizi ad accettare di non essere bravo in qualcosa succede che naturalmente inizi a concentrarti su ciò in cui invece sei forte.

E ciò in cui ero forte era capire le persone e farle sentire comprese: un “talento” che mi sarebbe stato molto utile, una volta accettato in pieno il fatto di… esserne dotato.

Il succo è questo: fallire è una parte essenziale del “fallire meno”.

È vero, non dovremmo smettere di provare ma non per avvicinarci testardamente a ciò che presumiamo sia il nostro obiettivo: ma per conoscerci meglio.

Per capire il nostro talento.

Per capire cosa ci è naturale.

E ciò mi porta al terzo motivo per cui, comunemente si fallisce.

Quando non è destino

Magari sei la persona giusta.

Magari stai facendo tutto il necessario.

E magari ti è anche naturale farlo.

Ma niente, proprio niente, non ti avvicini al risultato.

Ecco, io a questa eventualità, semplicemente NON credo.

Non credo al destino in quanto forza imperscrutabile contro la quale non c’è speranza, perché ha già deciso come andranno le cose.

Credo invece al fatto che ciascun essere umano porti in sé il potenziale per generare un impatto nel mondo, anzi, nel proprio mondo, alias l’ecosistema in cui vive.

Questo potenziale si può realizzare quando le nostre azioni si allineano alle nostre credenze e diventano un’espressione naturale del nostro vero talento.

Il problema è quello che ho descritto qualche riga sopra: non tutti riconoscono appieno il proprio talento.

Il mondo dei musicisti è pieno di persone talentuose… in altri settori.

Persone che sarebbero eccezionali ma che per qualche falsa credenza innestata da chissà chi o cosa si ostinano a perseverare e ad insistere su un’idea di successo completamente sbagliata.

Spesso sono persone che non accettano o non vedono il fallimento, perché per loro fallire è la morte di un pezzo della loro identità.

Ma che ben venga la morte!

Morte intesa come accettare di essere chi si è e lasciar andare chi non siamo mai stati destinati ad essere.

E forse il destino è proprio questo: mancanza di consapevolezza, quella che non arrivi ad avere senza fallire.

E ironia della morte: quando fai questo passo e diventa più importante FARE che OTTENERE…

…è allora che inizi ad essere più impattante, più rilevante per il tuo ecosistema e persino la tua musica, se ti viene ancora naturale farla, ne beneficia.

la decisione da prendere

Se sei un musicista e ancora non hai ottenuto quello che vorresti, rifletti sulle parole che hai appena letto.

E decidi: cos’è davvero importante per te?

Lasciare un segno su questo mondo o lasciare un segno con la musica?

Persevera e fallisci: ma fallo bene.

Un abbraccio.

Sull'autore

Gabriele

Sono un cantautore e music marketer, aiuto i colleghi a farsi scoprire DA VIVI.

Gabriele

Sono un cantautore e music marketer, aiuto i colleghi a farsi scoprire DA VIVI.

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