
Immagina di essere al tuo funerale: dal pulpito sta parlando il più grande esperto di storytelling del nuovo millennio, uno che narra storie almeno una volta alla settimana (da decenni).
Il prete.
Sta parlando di te.
E non è l’unico: al leggio si alternano schiere di parenti più o meno stretti, che si autoproclamano esperti storyteller – ma esperti in una sola materia.
La tua vita.
Non è una messa, è un simposio.
E l’argomento è solo uno, la tua (cessata) vita.
Peccato che sei già un puttino diafano che svolazza sulle teste della platea e che non c’è anima viva che ti veda (tranne forse la nonna, ma nessuno le crede).
Non hai voce in capitolo: è uno dei malus dell’ essere defunti.
La tua storia viene goffamente raccontata da altri, ed è un pasticcio verbale, uno scompiglio narrativo.
Verosimilmente (si spera), è intrisa di cordoglio e non si capisce niente:
- Che hai fatto di buono?
- Che hai lasciato?
- Qual era il tuo scopo, il tuo obiettivo?
- Ma alla fine, sto scopo, l’hai raggiunto?
Non si capisce.
Stanno tutti piangendo, ma alla fine chi non ti conosce, chi non ti è stato sempre vicino, chi non ti ha amato perché legato a te dal sangue, dalla stima o dall’amore, sta già tornando a casa con un ricordo stantio della tua persona.
Forse persino chi ti conosce ha difficoltà a metterti perfettamente a fuoco.
Ad eccezione della nonna ovviamente, che non ti ricorda affatto: ma ti vede.
Storytelling (da vivi)
Con questo macabro incipit non vorrei assolutamente urtare la tua sensibilità: la voglio proprio sconquassare.
L’immagine che ti ho suggerito è la stessa che quattro mesi fa mi venne in mente con l’impeto di un’allucinazione.
Ti capita mai di restare imbambolato davanti al PC senza sapere ESATTAMENTE cosa stai facendo?
Ecco, io ero così: in pigiama, alle 2 di notte, confuso e infelice, con una sola domanda in testa:
dove (cribbio) sto andando?
Raramente alle domande esistenziali come questa ricevi risposta.
Io venivo da una tripletta di anni piuttosto impervia (almeno quanto L’Alto do Cebreiro, una montagna in Spagna che scalai durante il Cammino di Santiago).
Avevo da poco accettato le conseguenze di un piccolo problema fisico, e stavo cercando un modo per realizzare quest’intuizione: da un disagio può scaturire un’opportunità.
Si, ma come?
La risposta venne, come capita spesso, dal mio funerale.
Non so bene come schiattai, ma è chiaro che accadde prematuramente: i miei cari avevano l’età di adesso, la mia ragazza e i miei veri amici pure.
C’era una mare di altre persone alla celebrazione (e constatai anche che non c’erano i Biffy Clyro a suonare – ci tenevo cacchio!).
Fatto sta che tutti avevano una parola da spendere su di me: tutti generosi, davvero, lo apprezzai molto.
Ma la storia che ne venne fuori NON era la mia.
Non mi ci rispecchiavo.
Da qui l’illuminazione:
perché mai devo aspettare di essere morto per raccontare la mia storia?
È una domanda che ignora il limite tecnico che lega i defunti al mutismo, quindi quella giusta è:
perché aspettare di essere morto per essere raccontato (dagli altri per giunta)?
Walter.
C’è un vermetto solitario nei nostri cuori che si fa chiamare “mancanza di fiducia in sè stessi” (il mio si chiama Walter, come in un certo romanzo di Stephen King).
E il vermetto dice: ma chi se la fila la tua storia Gabriè?
Solo i personaggi famosi fanno l’autobiografia!
A che serve che tu racconti la tua storia? Anzi, a chi serve?
Stronzissimo vermetto.
Potrebbe venire facile pensare che raccontare la tua storia, fare storytelling personale, serve solo a te.
All’inizio, quella della catarsi, dello sfogo, può essere l’unica motivazione.
Quest’idea però alla lunga deresponsabilizza; forse svilisce proprio il senso dello scrivere.
Scrivere la propria storia è un’azione che ha effetti in due direzioni:
- verso di te: scrivere (con onestà) ti costringe a rendere la tua vita interessante;
- verso gli altri: la tua storia può fare del bene agli altri, che tu ci creda oppure no.
Il punto uno te lo spiego con un video che ho pubblicato sulla mia pagina facebook qualche tempo fa.
Si intitola:
Come fare della propria vita una grande storia
L’idea è semplice: per vivere una grande storia la tua vita deve riflettere gli elementi di una grande storia, e alcuni di questi elementi te li elenco nel video.
Questo è l’effetto che lo storytelling personale può avere verso di te, verso la tua vita.
Ma cosa succede al Lettore, ovvero agli altri che ti leggono?
3 Modi in cui il tuo storytelling fa bene agli altri
Dico, ma ti rendi conto che nessuno ha vissuto la tua storia?
Forse ti dimentichi troppo spesso di essere un evento straordinario in un orizzonte di eventi ciclici, come il roteare della Terra intorno al Sole.
Non voglio peccare di poesia, ma nella pioggia nessuna goccia è identica all’altra.
E tu sei come la goccia, con la differenza che puoi scegliere di non cadere.
E puoi essere un esempio per le altre gocce.
In che modo?
1. Comunica la tua visione del mondo
Cos’è questa fantomatica “visione del mondo”?
Semplice, è il completamento di questa frase:
Il mondo sarebbe un posto migliore se…
Ci hai mai pensato?
Cerca di completare la frase: otterrai una visione positiva a cui tendere, un versione utopistica del mondo ma non per questo meno importante.
L’importanza di questa frase viene dal fatto che hai bisogno di inquadrare le tue azioni quotidiane in una cornice più ampia, che dia un senso anche alle difficoltà quotidiane.
Comunicare la tua visione del mondo può aiutare gli altri ad identificarsi nella tua stessa cornice.
Vuoi sapere la mia?
Il mondo sarebbe un posto migliore se le persone imparassero a raccontare la propria storia.
Qual è la tua? Scrivimela nei commenti!
2. Insegna quello che hai imparato
Nessuno ha vissuto quello che hai vissuto tu
Quello che hai vissuto tu, nessun altro l’ha sperimentato sulla propria pelle.
Questo significa che sei l’esperto assoluto delle vicende che ti hanno reso oggi quello che sei.
Cosa significa nel concreto?
Come puoi comunicare questa tua competenza speciale?
Ogni episodio della tua vita corrisponde ad una lezione che hai imparato.
Fa così: scrivi una lista di 10-20 eventi salienti della tua vita, dalla tua infanzia in poi.
Eventi che hanno segnato la tua persona, che ti hanno reso quello che sei oggi, non importa se in maniera positiva o negativa (sospendi ogni giudizio verso te stesso).
Bene.
Adesso, per ognuno di questi avvenimenti cerca di estrapolare una lezione POSITIVA.
Un insegnamento positivo, motivante, stimolante, qualcosa che protenda verso la crescita.
Lo so, non è facile: ci sono eventi della vita che sembrano assurdi, immotivati, senza senso.
Ma la verità è che il senso si trova: perché allora non trovarlo consapevolmente e fare in modo che sia positivo?
Nessuno ha vissuto le tue esperienze: ma in MOLTI possono rispecchiarsi nelle lezioni che hai imparato, vivendole sulla tua pelle.
Prendi ad esempio il cambiamento della mia voce: in pochi avranno vissuto una sofferenza simile, ma in molti possono invece rispecchiarsi in questo concetto:
è veramente possibile trasformare un disagio in un’opportunità.
Vedi che è possibile trasformare il male in bene?
Guarda le lista delle lezioni che hai estrapolato, guardala bene: si tratta del BENE che puoi lasciare agli altri, in questo mondo.
3. Usa le tue parole
Ciascuno di noi ha un modo di esprimersi unico, particolare.
Non rinnegarlo.
Usa le TUE parole, il tuo stile, la tua singolarità.
Affinalo, questo stile, sii orgoglioso della modalità unica con cui sei in grado di comunicare un messaggio.
La tua unicità si riverbera sugli altri e viene percepita come un valore aggiunto.
Ora, con ciò non voglio dire che tu sappia già come comunicare efficacemente.
È una cosa che si studia e si impara (all’infinito).
Ma parlavamo di unicità, e ciascuno di noi ha un modo molto particolare di parlare o scrivere.
L’unicità è spesso data dai difetti, come ho raccontato in questa storia.
Ebbene, se ciò è vero, accentua i tuo difetti: potrebbero diventare la tua firma.
Storytelling personale: essere protagonisti della propria storia
Hai mai voluto essere il protagonista di un film? O di un libro?
Bene, immagina di esserlo.
Ma non aspettare di essere morto sperando che un biografo pazzo di accorga della tua lapide.
Se racconti la tua storia, è come se fossi COSTRETTO a vivere in maniera interessante.
Non vorrai che il lettore si annoi vero?
Nel 2017, si può raccontare la propria storia in mille modi: scrivendo un libro, certo, ma anche utilizzando i social network, Facebook, Instagram, o attraverso il proprio sito personale, come faccio io.
Non raccontarti le solite balle: raccontati la tua storia.
Vedrai che “le balle” si dissiperanno.
E credimi, se ne accorgeranno anche gli altri e l’effetto (benefico) sarà pazzesco.